Credetemi, alla giovane età di 22 anni, non è affatto facile scoprire di essere malati, soprattutto se la malattia in questione è rara e ancor di più se non si conoscono tutti gli sviluppi che essa può avere. Di sicuro però una volta accettata la propria condizione, quel che resta da fare è cercare di affrontarla nel modo più sereno possibile e condividere la propria esperienza col maggior numero di persone possibile, in modo da evitare che possano compiere i tuoi stessi errori.
Ho scoperto di avere l’anemia di Fanconi abbastanza tardi rispetto a tutti gli altri, e la sua manifestazione è stata piuttosto brusca: il mio midollo aveva smesso di funzionare e il tempo per poter pensare di limitare i danni causati da un eventuale trapianto di midollo non c’è stato.
Da subito ho intrapreso l’iter terapeutico necessario e, grazie alla fortuna di aver mio fratello come donatore, tutto è stato più semplice ed immediato almeno dal punto di vista ematologico. Alle volte però, la nostra attenzione, come è naturale che sia, tende a focalizzarsi di più su alcuni aspetti piuttosto che su altri. Nel mio caso infatti, la mia attenzione ha messo al primo posto la reale possibilità di sopravvivere piuttosto che gli effetti collaterali della terapia che mi avrebbe salvato la vita. Infatti, tra i tanti effetti collaterali che la chemioterapia ha, uno è quello di colpire le ovaie, danneggiandole e mettendo a repentaglio la possibilità di avere ancora un ciclo regolare.
La fortuna però è stata dalla mia parte, e nonostante i farmaci presi, dopo nove mesi dal trapianto il ciclo mi è tornato spontaneamente ed è risorta la speranza di poter un giorno coronare il sogno di ogni donna: diventare madre. Da qui è cominciato un secondo percorso, fatto di svariati controlli per constatare la riserva ovarica rimasta e la possibilità di conservare eventualmente un po’ di ovuli per una futura gravidanza. Dopo aver girato vari ginecologi in tutta Italia sono arrivata finalmente a Bologna, in un centro all’avanguardia, per tentare la crioconservazione. La procedura che si affronta non è di sicuro facile, almeno dal punto di vista emotivo, infatti non si ha nessuna certezza dell’esito: non si può prevedere se la cura ormonale che precede il prelievo sarà efficace, né che una volta prelevato il tessuto, ci sarà un ovulo conservabile, e né tantomeno, che esso non risulterà deteriorato al momento di un eventuale utilizzo. L’unica nota positiva di questo tipo di trattamento è il fatto che è possibile ripeterlo più volte, ovviamente fintanto che il ciclo mestruale permane.
Nel mio caso purtroppo, il primo tentativo è stato vano ed il tessuto che mi è stato prelevato è risultato privo di ovuli utilizzabili, nonostante ciò non ho perso la speranza e sono determinata ad affrontare nuovamente questo iter.
Ci tengo però a dare un consiglio alle ragazze che sono consapevoli di avere questa patologia: non aspettate che il problema ematologico salti fuori, ma salvaguardatevi e sottoponetevi alla crioconservazione il prima possibile, altrimenti dopo potrebbe essere troppo tardi per coronare il vostro sogno di donna.
Lettera firmata